Diniego alla fruizione del congedo straordinario ex art. 42 D.Lgs. 151/2001.

La scrivente Segreteria Nazionale Con.Si.Pe. esprime profonda indignazione per quanto segnalato presso la Casa di Reclusione di Alghero, dove un appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria – regolarmente in possesso del riconoscimento di handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della Legge 104/1992 per
l’assistenza al padre convivente – si sarebbe visto di fatto negare la possibilità di fruire immediatamente del congedo straordinario retribuito previsto dall’art. 42 del D.Lgs. 151/2001.

Secondo quanto appreso, la Direzione avrebbe autorizzato la fruizione del congedo soltanto a partire dal mese di luglio (con servizio già programmato sino al giorno 6), giustificando tale decisione con l’esigenza di ricalibrare l’organizzazione dei turni. Una posizione che, seppur formalmente legittima, risulta sostanzialmente lesiva dei diritti del dipendente e gravemente insensibile alla situazione umana che sta vivendo.
Si tratta infatti di un caso di malattia terminale: un padre che potrebbe non arrivare a luglio, mentre il figlio – servitore dello Stato – chiede semplicemente di poter rimanere accanto a lui negli ultimi, forse irripetibili, giorni di vita.

Ci chiediamo, con sgomento:
Chi restituirà a quel figlio il tempo perduto, se quel padre non dovesse vivere abbastanza da arrivare alla data “programmata”? La normativa vigente è chiara: il congedo straordinario rappresenta un diritto soggettivo pieno, la cui fruizione non può essere subordinata a mere esigenze organizzative. Lo hanno ribadito la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e l’INPS: il diritto all’assistenza di un familiare gravemente malato non può essere compresso né differito, salvo casi eccezionali e comprovati.
Ancor più grave è constatare che, in altri casi e per altri colleghi, la modifica dei turni di servizio viene disposta con ben altra flessibilità. Questa gestione disomogenea, a tratti discrezionale, può configurare una forma di discriminazione funzionale, oltre che ledere i principi di equità e imparzialità dell’Amministrazione.
Riteniamo che, almeno in situazioni come questa – dove è in gioco la dignità e l’umanità di una persona – l’Amministrazione abbia il dovere morale e istituzionale di andare oltre il formalismo, dimostrando vicinanza e comprensione nei confronti del proprio personale. Il dipendente interessato sta affrontando un momento di profondo disagio personale e familiare. È auspicabile che l’Istituzione, oltre ai doveri giuridici, esprima anche i valori umani su cui si fonda.

Alla luce di quanto sopra, chiediamo formalmente alla Direzione della Casa di Reclusione di Alghero:

  1. Di riesaminare con urgenza la decisione adottata;
  2. Di autorizzare immediatamente la fruizione del congedo straordinario, come previsto dalla normativa vigente nei casi di urgenza documentata.

Sappiamo bene che, secondo prassi, la Direzione potrà avvalersi dei 30 giorni previsti dal PIR per fornire risposta a questa nota.
Ma vogliamo essere chiari: al Con.Si.Pe. non interessa una risposta di forma. Quella risposta – che ci auguriamo positiva e tempestiva – la attende un collega. Un figlio. Un uomo. E se dovesse arrivare troppo tardi, nessun atto, nessun protocollo, nessuna giustificazione organizzativa potranno mai restituire ciò che è stato negato.

Infine, si rivolge un rispettoso appello al Signor Provveditore, in indirizzo per conoscenza, affinché voglia sensibilizzare il Direttore dell’Istituto ad affrontare casi
come questo con più cuore e meno burocrazia, nel pieno rispetto della legge ma anche della dignità di chi serve lo Stato con dedizione e oggi chiede soltanto di poter essere
vicino al proprio genitore nel momento più difficile.

In situazioni tanto delicate, infatti, è fondamentale saper essere più autorevoli e meno autoritari, dimostrando che il potere amministrativo può e deve esercitarsi anche con
umanità, buon senso e rispetto per le persone.

Cordiali Saluti.

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