"Dal Caos alla Speranza: Il Ruolo Cruciale dei Dirigenti Penitenziari"
Molte volte e per troppi anni abbiamo assistito, soprattutto in questo periodo, a valanghe di menzognere lusinghe accompagnate da altrettante fantomatiche promesse di cambiamento, comprensione delle condizioni, piani di intervento a supporto del personale tutto e, in particolare, del Corpo di Polizia Penitenziaria maggiormente esposto alle problematiche penitenziarie.
Eppure, nonostante sia stato assunto, oramai, come prassi che tale dispendio verbale ricada in una prassi istituzionale, difficilmente si recupera a memoria un aggravio intenzionale di palese indifferenza se non circostanziale per mera forma educativa nei confronti delle vere situazioni disastrose in cui versa il nostro ondo carcerario e penitenziario.
Si lanciano slogan relativi a meri interventi in ambito di assunzioni di personale come se tutto questo poi possa “finire” col tempo, senza intravedere anche solo per pochi istanti, quanto siano i concreti elementi e fattori predittivi di un caos già difficile da mantenere calmo e del quale i ristretti sono destinatari quanto gli operatori penitenziari.
La misconoscenza fattiva e fattuale degli operatori penitenziari che continuano a muoversi su di un terreno giuridico e psicologico che spesso non trova medesima aderenza, ma che riescono, nonostante tutto e tutti, a bilanciare il dovere della sicurezza con quello dell’umanità, se pur a volte non riuscendone a trovare il metodo, sbagliando, come uomini e donne così come rappresentanti dello Stato, pagandone le conseguenze, come giusto che sia, continua ad allungare una coperta troppo corta e consumata, senza mai avere l’umiltà di volersi affidare almeno dal punto di vista consultivo a chi il carcere lo vive a 360°.
Abbiamo, FINALMENTE, avuto riconosciuti i nostri Primi Dirigenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, uomini e donne che a pieno titolo e non con poca fatica ( considerate le ataviche resistenze del Comparto Funzioni Centrali sempre vigile a non perdere o condividere “poteri”) hanno assunto posizioni dirigenziali ad ogni livello ad essi spettante, donne e uomini che conoscono a fondo la realtà penitenziaria e che, proprio per esperienza maturata in questi anni confortata da altissimi spessori culturali, hanno ben presente verso quale direzione esplosiva si stanno dirigendo le realtà penitenziarie, cogliendone i caratteri implosivi comuni ad ogni episodio che, nella triste quotidianità, affligge i nostri istituti penitenziari.
Ma se pur l’ingegno e la prontezza organizzativa sostiene, ad oggi, “il ricucir la toppa”, l’assenza di effettivo ed efficace sostegno concreto e visione di obiettivi risolutivi a quanto emerge dalle cronache giornaliere, fa ritenere che lo strappo prima o poi non avrà alcun lembo a cui aggrapparsi e, allora sarà davvero troppo tardi.
MA POI CI SI CHIEDE: TARDI PER CHI?
E’ già tardi per il personale, aggredito, umiliato, offeso e oltraggiato, abbandonato a se stesso e privo di ogni forma di sostegno concreto. Non ce ne vogliano loro Signori a far credere che protocolli psicologici e formativi possano essere la risposta a quanto è chiaro e noto a tutti: sono evidentemente fallimentari, non per quanto sia lodevole l’intento, ma per l’oscura presunzione che potessero “bastare” a risollevare animi e psiche; non prendiamoci in giro, gli unici animi risollevati sono stati quelli degli ideatori di tali esperimenti sociali (grati ne saranno i ricercatori universitari interessati).
OGGI, OGGI SERVE AGIRE E FARLO CON GLI ATTORI PRINCIPALI DEL CARCERE, NON CON LE COMPARSE DI SFONDO! E QUANDO SI PARLA DI ATTOTI PRINCIPALI (dopo anni e anni nei quali a tali parti erano considerati quasi esclusivamente gli appartenenti a ruoli “civili”) CI SI RIFERISCE AI FUNZIONARI E PRIMI DIRIGENTI DEL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA, che hanno già dimostrato con ideazione di protocolli di intervento per eventi critici o su schemi e contenuti formativi delle nuove leve, di SAPER FARE E SAPER ESSERE!!!
Si richiede, quindi, urgentemente alle S.V. un incontro con una delegazione sindacale rappresentante i Dirigenti del Corpo di Polizia Penitenziaria perché si possa dare occasione di ascolto propositivo e di “alleanza” operativa che ha come unico ed univoco obiettivo ristabilire l’ordine e la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari , rispettando i dettami costituzionali di tutela dei diritti umani e della dignità della persona, PER UNA VOLTA PARTENDO DAL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA.
Forse solo in questo modo, lontano dalle luci della ribalta mediatica e pubblicitaria, dal sentito dire di cattivi consiglieri lontani da esperienze sul campo, attraverso una sincera e cruda analisi delle situazioni tout court, si riuscirebbe almeno ad ideare un progetto rivoluzionario del sistema penitenziario da troppo tempo atteso.
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