“Circuito media sicurezza” - OSSERVAZIONI.
Le direttive sul “Circuito media sicurezza” cristallizzano quanto segue:
- un sistema penitenziario che di fatto non è “sistema”, a distanza di oltre 20 anni dall’entrata in vigore del Regolamento di Esecuzione (DPR 230/2000) che tanto doveva assicurare si registrano e ufficialmente riconoscono “prassi eterogenee”, per non dire assolutamente contraddittorie nelle modalità di gestione delle persone detenute;
- la palese violazione delle Raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e, per ultimo, della Raccomandazione del 1° luglio 2020, che ha aggiornato le Regole penitenziarie europee del 2006. Nella “Parte V Direzione e personale” del richiamato atto sovranazionale è chiaramente previsto che “Le carceri sono di competenza di autorità pubbliche separate dai servizi militari, di polizia o investigativi penali”.
Come si può ignorare questa indicazione strategica di gestione, dimenticando nel contempo anche la
volontà del nostro Costituente in tema di finalità della pena (non “carceri di Polizia”, ma strutture dello
Stato destinate a “rieducare” a mezzo di personale professionalizzato in tale ambito).
I Poliziotti Penitenziari non si possono improvvisare “educatori, psicologi, sociologi” (non hanno i richiesti
percorsi di studio), sono operatori di una Forza di Polizia dello Stato e in tali ambiti vanno ADEGUATAMENTE formati, addestrati e valorizzati.
Se nelle corsie di ospedale prestano servizio operatori sanitari (medici e infermieri) non già guardie giurate, analogamente nelle sezioni detentive dei penitenziari italiani devono lavorare h24 operatori del trattamento rieducativo e non delle Forze di Polizia.
Non deve essere il personale di Polizia Penitenziaria a farsi carico del sistema dell’esecuzione penale italiana, a supplire cronicamente alle incapacità di vision strategica dell’Amministrazione, ma gli operatori
penitenziari, quali: direttori, educatori, assistenti sociali e mediatori culturali.
Il personale del Corpo, in quanto appartenente alle Forze di Polizia - Comparto Sicurezza, e non già a
quello penitenziario, non deve essere presente nell’ordinaria vita delle sezioni detentive, semmai intervenire in casi di emergenza, esattamente come avviene nel contesto sociale esterno.
Devono essere gli operatori del trattamento rieducativo a gestire gli “affari correnti” intramurari, in
adesione alle finalità della pena sancite dall’art. 27 della Costituzione italiana.
- Il testo della circolare, apprezzabile per gli intendimenti espressi, si palesa come mero esercizio distile; appare scritto da chi non ha la minima idea di come siano strutturate le nostre carceri (edilizia penitenziaria espressione del puro caso, del tutto inadeguata alle esigenze evidenziate) e di quali e quante siano le risorse professionali penitenziarie a disposizione (personale penitenziario decisamente insufficiente). Altro che turni pomeridiani degli operatori del trattamento ovvero interventi strutturati da parte dei mediatori culturali!!!
- l’assegnazione nelle sezioni detentive non può essere rimessa alla “Sorveglianza Generale” di turno, se poi si ribadisce che è atto di “esclusiva competenza del direttore”. Il richiamo a direttive interne è pura ipocrisia: perché deve essere addossata, finanche, ad un Assistente Capo di Polizia Penitenziaria (sovente impiegato come “Sorveglianza Generale”) la scelta di “assegnazione al momento dell’ingresso dalla libertà”, quando è atto di esclusiva competenza del dirigente penitenziario, ricorrentemente esaltato dal proprio sindacato di categoria quale “fulcro dell’esecuzione penale”???
I direttori penitenziari devono occuparsi seriamente delle persone detenute, sin dal loro ingresso in carcere, non già di questioni tecnico-organizzative del Corpo che non gli competono e rispetto alle quali non hanno competenze, non appartenendo alle Forze di Polizia né al Comparto Sicurezza del Paese!!!
- Per ultimo, ma non da ultimo in termini di importanza, si segnala la scarsa considerazione riservata al Corpo, completamente ignorato nel testo che consta di ben 26 pagine: si leggono espressioni del tipo “Personale preposto”, “Personale addetto”, “Personale Operante”, “Operatori” in numerosissimi casi, mentre le paroline “Polizia Penitenziaria” (rispetto alle quali da tempo si registra una sorta di “allergia dipartimentale”) ricorrono solo due volte.
Del resto, la POLIZIA PENITENZIARIA rappresenta solo il 90% di una Amministrazione che non è capace, e forse non ha interesse, a valorizzarla. Auspichiamo fortemente in un cambio di rotta nell’interesse dell’Istituzione Stato che serviamo quale Forza di Polizia.
Il DAP, con la sua dirigenza, da troppo tempo si appalesa come Amministrazione autoreferenziale, poco interessata ad una efficiente gestione delle persone detenute, che richiederebbe un significativo ricorso a personale specializzato (non un educatore ogni 100 persone detenute!!!).
Non è più tollerabile la politica di addossare le responsabilità del fallimento istituzionale (insicurezza delle carceri e assenza di reali progetti rieducativi) al Corpo di Polizia Penitenziaria, quotidianamente rinnegato (anche nell’ultima circolare nessun riferimento ai Reparti del Corpo, semmai ai “manovali di turno”) e limitato dal DAP con strategie di “fagocitazione istituzionale”.
La Polizia Penitenziaria, quale Corpo di Polizia dello Stato, è essa stessa Amministrazione e RIVENDICA la propria autonomia gestionale, tecnico-operativa, rispetto ad un apparato amministrativo, il D.A.P., che dovrebbe avere a cuore le persone ristrette nella libertà, sotto l’aspetto della salubrità dei contesti detentivi, della salute, della prospettiva rieducativa, dell’ammissione al lavoro, della speranza di ravvedimento e dell’inclusione sociale.
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